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Il giardino come teatro naturale per il “gioco della vita”

Per un giardiniere l’atto di creare un giardino è sempre una gioia.
Una gioia da condividere come una festa con chi vi stabilisce la propria dimora, con chi lo visita o lo osserva discretamente.
In sé è solo un artificio realizzato ad arte, ma richiede tanta naturalezza per evocare il dono di una piccola oasi.

Quando parliamo di giardini una domanda dovrebbe sorgere spontanea: cosa intendiamo per giardino?
Beh, una prima risposta ci porta a dire che prima di ogni altra cosa un giardino è vita e la vita, come recita una canzone di Vinicius de Moraes, è l’arte dell’incontro!
Un’arte che fa del giardino un teatro naturale dove la vita non smette mai di giocare con le proprie forme.

Questo ci dice che in un giardino non c’è mai una vera e propria frattura o separazione tra natura e artificio.
Ciò che chiamiamo giardino, infatti, è sempre l’esito incerto del delicato rapporto tra “natura” e “arte”, tra spontaneità dei processi naturali e artificio. E se la spontaneità o naturalezza ha a che fare con i processi naturali in corso, l’artificio rimanda alla capacità tecnica e alla disposizione interiore di chi pensa l’ambientazione di un giardino. Quindi, un aspetto rilevante nell’arte dei giardini è dato dal modo o maniera in cui l’idea o artificio si mescola o confonde nella spontaneità dei processi naturali.

È un aspetto che ha a che fare soprattutto con l’affinamento artistico del paesaggista-giardiniere, un affinamento le cui tappe del percorso sono ipoteticamente scandite su tre livelli o momenti successivi; dove il primo ha a che fare con l’ingenuità e la spontaneità grezza dell’artista, la cui capacità tecnica e la disposizione interiore non sono ancora affinati dalla pratica o esperienza. Il secondo invece è quello dell’avvenuta maturazione, quando l’abilità tecnica ha spesso il sopravvento sulle tendenze spontanee e sul talento incontrollato. Mentre il terzo, che completa il secondo, è sempre un ritorno al primo, al punto di partenza, ma con un’attitudine completamente rinnovata. Infatti, in quest’ultimo momento si può affermare che la naturalezza acquisita non è più incontrollata o grezza, ma è una naturalezza per così dire “raffinata”, ovvero perfettamente e compiutamente costruita con l’affinamento della tecnica, che però non ha più il sopravvento sul talento creativo del giardiniere, a tal punto da sembrare piuttosto ingenua o priva di finalità cosciente.

Detto così, questo aspetto si presta a un evidente paradosso, ovvero che l’arte di realizzare un giardino, inteso come atto creativo tipico di un procedimento artistico, richiede quasi sempre anche una certa dose di inettitudine, da intendersi come mancanza di una rigida determinazione logica nella costruzione di un giardino, il cui atto creativo rimane sempre legato alla spontaneità del gesto.
In realtà si tratta di un paradosso solo apparente, perché solo in questo modo è possibile immaginare un artista che riesce a creare un giardino in un modo talmente facile da non meritare alcuna lode: in questi casi, la naturalezza del giardino, pur essendo sempre la dimostrazione di un pensiero, “spezza” qualunque dipendenza da chi lo ha pensato…

Tutto ciò però accade solo quando quel pensiero si limita a innescare e agevolare la spontaneità dei processi, accompagnando con cura quella propensione naturale che il “gioco della vita” porterà fino al massimo dispiegamento in modo impensato.
Ecco perché un giardino è un luogo pieno di sorprese e meraviglia, un incessante carnevale di figure dove la vita si offre allo sguardo come un’avventura alla scoperta di se stessi…

Quindi, lasciate “inselvatichire” quanto basta il vostro giardino, perché solo così la vita non smetterà di giocare con le proprie forme!